Diario novembre

MIKUMI

01 NOVEMBRE 2013 (Venerdì)

Lasciamo la valle dei baobab di primo mattino . Il caldo e vento dormono ancora . La tappa di oggi prevede di arrivare alle porte del parco Mikumi. Una settantina di chilometri con tante colline, così ascolto il mio corpo e salgo in macchina evitando le logoranti salite. Ho altri chilometri da dover affrontare e all’entrata della valle dei baobab ho accusato molto lo stress articolare. Dormo adattandomi alla meglio, mangio poco e male ed a Iringa ho avuto un principio di decubito sotto l’osso sacro. Sono in sono in Tanzania e le condizioni medico sanitarie, igieniche, alimentari, di alloggi, riposo ecc.., sono assolutamente non adatte alla mia disabilità. Ma questa è un’impresa unica e memorabile. Stringo i denti e sotto l’attento aiuto e assistenza dell’intero team, andiamo sempre avanti.
Arrivati all’hotel o cottage, rimango ben impressionato dalla bella collocazione.

 


 

MIKUMI
02 NOVEMBRE 2013 (Sabato)

Giornata di relax, piacere e forti emozioni.
In mattinata presto, tutti ragazzi vanno a far visita al parco. Vogliono fare riprese, foto e osservare una delle maggiori attrattive dell’Africa. Gli animali allo stato brado. Io rimango solo in camera ad aspettarli. Rientrano per pranzo euforici della gita. Come da accordi, il mio fidato accompagnatore e guida katuku, mi porta nel pomeriggio a fare la stessa visita al parco. L’entrata è in tipico stile africano. katuku va alla reception e paga il ticket di accesso. Si alza la sbarra e ci inoltriamo nel curato parco abbastanza desolato. Poi incrociamo i primi impala e facoceri, ma non è quello che cerco. katuku mi spiega che a quell’ora di pomeriggio è difficile vedere elefanti e leoni. C’è caldo e loro stanno a riposare in collina o nei bush, poi il miracolo. La mia guida vede un leone che dorme all’ombra sotto un albero. Si avvicina con il nostro fuoristrada mi spiega cosa fare in caso di minaccia. katuku sembra essere molto esperto ed io mi fido completamente di lui. Ebbene gli arrivo così vicino da non credere. A meno di 2 metri e gli scatto delle foto. Il leone maschio non da segni di nervosismo, anzi, quasi si mette in posa continuando a sonnecchiare. Poi katuku mi porta alla pozza degli ippopotami e coccodrilli e mi fotografa un pitone avvolto in un ramo. Mentre passiamo vicini anche alle eleganti giraffe, un simbolo animale protetto e sacro in Tanzania, zebre, bufali, e babbuini ecc.., lui spegne l’auto e mi indica dei grossi cespugli. Io non capisco. Tempo pochi secondi, escono placidamente degli elefanti che passano vicino all’auto guardandoci. Anche loro a non più di 2 metri. katuku mi spiega che non bisogna disturbarli o tagliargli il cammino e loro non ti creano problemi.
Io gli chiedo come faceva a sapere che non avrebbero attraversato da dove aveva bloccato l’auto e mi risponde che conosce le loro abitudini. katuku è un mago ed io ho fatto bene a fidarmi di lui. Rientro entusiasta alla base e racconto ai ragazzi la visita. Loro non sono stati così fortunati. Poi Giovanni (volontario da 6 anni in Tanzania) mi dice:
“Non fidarti troppo dei tanzaniani, a loro piace scherzare”

 


 

MOROGORO
03 NOVEMBRE 2013 (Domenica)

Di prima mattina lascio la confortevole camera. Chissà se avrò un’altra occasione di stare così ben alloggiato e comodo. Sotto questo aspetto l’Africa è assai indietro.
Attraversiamo tutto il Parco del Mikumi in auto. Alle bici non è permesso per ovvi motivi di sicurezza. Lasciato alle spalle il tratto a rischio iniziamo con le bici come da programma. Soliti saliscendi, stress articolari e giro di rappresentanza per il mercato nel centro della città di Morogoro.
Poi, come spesso accaduto in altre occasioni, il team decide di fermarsi a pranzo. Io mi lamento perché questo stop non era previsto dal programma, la sera prima confermato. Loro rispondono che siamo in anticipo di una un’ora all’appuntamento e che devono assolutamente pranzare. Io ribadisco dei miei problemi ed esigenze, già esplicitamente elencate e forse capite. Ma non è stato così. Il mio malumore ed i brividi al corpo,mi fanno chiudere in un isolamento che ho, che raramente abbandonato.
Cazzo Ero stato chiaro: Quando inizio una tappa, la devo finire senza prolungati stop. Se raffreddo le spalle, ho poi problemi alle articolazioni. Il mio personale sistema neurovegetativo del dopo incidente è cambiato e alla fine di un lungo sforzo mi devo asciugare perché mi viene una leggera febbre. La pelle del sedere deve essere protetta dal sudore che inizia a colare e quindi lavata. Mangiare subito dopo un prolungato sforzo sottrae sangue all’intestino che digerisce male. E per me la buona digestione è importante per tenere regolarizzato il tutto. E poi in tutti i locali africani che abbiamo incontrato non ci sono bagni per me accessibili, quindi, in caso di necessità, mi farei tutto addosso. E per ultimo si era deciso in un modo che poi è stato abilmente cambiato. Alla mia domanda del perché cambiare programma mi è stato risposto che durante il viaggio, nell’altro auto, hanno deciso così. Questo mi fa ulteriormente incazzare.
Arriviamo così all’appuntamento con un’ora di ritardo a causa della sosta pranzo. L’accoglienza e onorificenza ricevuta, mi fanno abbandonare i cattivi pensieri. Dopo un balletto Masai, suoni e discorsi di prassi, arriva un piccolo gruppetto di donne con dei doni: Una busta con ringraziamento, una collana, un vestito Masai, uno scudo e una piccola lancia Masai con la spiegazione del loro rappresentante:
“Da oggi tu sei un guerriero Masai. Con questa lancia combatterai le difficoltà della vita come ci hai insegnato”
Lascio la cerimonia con le lacrime e vado in albergo a ristabilirmi. Fortunatamente è sempre con me il fidato Katuku che vigila e protegge da probabili problemi.
Stasera una donna si spoglia e vuole dormire con me.

 


 

Nel bush
04 NOVEMBRE 2013 (Lunedì)

Fa caldo, molto caldo. Esco dal bagno, preparo le borse e verso le 12:00 partiamo. Bene, Katuku ha fatto buona pulizia, nessuna minaccia in vista.
Oggi mi sento abbastanza debole. Ho mangiato poco e male. La mia paura, quasi terrore, di rischio dissenteria, mi vincola categoricamente l’alimentazione che pretendo sia ben cotta, in aggiunta salterò anche il pranzo.
Dopo snervanti saliscendi e un discreto vento contrario, dopo circa 45 km chiedo di bloccare la mia pedalata in un ennesima irta salita. Proprio non riesco ad andare oltre. Ho sudato tantissimo e le mie energie sono out. Si arriva al villaggio dello stop e mentre ci si nutre inizia un copioso temporale. Inizio ad avere dei brividi di freddo e attendo con ansia di arrivare alla spiazzo dove i ragazzi di Afri Roots hanno montato il campo e una bella doccia mi attende. Con le jeep si prende una scorciatoia che taglia nell’interno. Intorno a noi, tanta vegetazione e terra rossa. Arriviamo al campo dopo più di un’ora di fuoristrada che già è tramonto. Arrivato nella mia tenda inizia nuovamente a diluviare. Stasera niente doccia. Il vento e l’acqua fanno staccare molti tiranti della tenda che poi ancoriamo alla jeep. Cena all’aperto e ben infangati si va a dormire senza poterci lavare.
Mentre sono a letto e nel buio, mi domando cosa potrei fare in caso di diluvio e allagamento. Ma fortunatamente la pioggia finisce.

 


 

BAGAMOYO
05 NOVEMBRE 2013 (Martedì)

Si passa una notte indenne, fresca e riposante.
La terra bagnata fa impantanare il camion e la jeep che vengono spinti nella vicina strada battuta. Oggi sto bene e pedalo con vigore. Poi, osservando le nuvole, chiedo a Damian (un ragazzo studente di Iringa che ci accompagna in bici):
“Cosa dici, pioverà?”
Lui mi tranquillizza e mi mostra che verso l’oceano non c’è minaccia pioggia. Tempo 10 minuti veniamo investiti da un altro bel temporale. Mentre pedalo sotto la forte pioggia, penso a quando ero in America nella stessa situazione. Mi tocco la pelle del sedere e, come allora, ho la pelle raggrinzita a rischio decubito. Smette di piovere ed io pedalo di costante lena per arrivare senza stop o ritardi alla fermata. So di avere non più di un’ora e mezza. L’America mi ha dato un’ottima esperienza di handbike con seduta bagnata.
Quasi arrivato allo stop, mi raggiunge Gabriele dicendomi:
“Vai più piano che hai creato un lungo buco. Gli altri sono indietro”
Io che ho tenuto un passo costante ma di velocità non elevata, preoccupato solo di non stressare oltre la pelle del mio culo, bruscamente gli rispondo:
“Non sto andando forte, quindi digli di raggiungermi”
Questa mia risposta forse loro non la gradiscono e fra noi si crea un indifferenza assoluta fino al giorno seguente. Fortunatamente io ho il mio angelo custode Katuku che sta sempre con me e pronto ad aiutarmi.
Non voglio vederli.

 


 

BAGAMOYO
06 NOVEMBRE 2013 (Mercoledì)

Giornata necessaria per ristabilirmi mente e corpo.
Verso le 12:00 facciamo un breve incontro sotto la mia veranda. Il boss di Afri Roots, Mr. Tende, inizia col dire che siamo arrivati quasi alla fine, siamo un team però sente che ci siamo staccati. Almeno io dal gruppo o viceversa. E chiede Qual è il problema. Come già capitato parlo solo io. Gli altri tacciono e rimuginano i loro pensieri.
Sembra proprio, come sempre accade, che dire esattamente come la si pensa, con di fronte il diretto interlocutore, non sia il fare della nostra gente. Meglio sparlare alle spalle e costruirsi il loro ambiente. Solita vigliaccheria di chi si comporta da “piacione”.
Dopo un sorriso si riprende il programma. Verso l’una un altro incontro in un centro per disabili, veloce quanto disinteressato incontro, poi vado con Katuku a visitare la cittadina, far compere e soprattutto visitare la casa degli schiavi che in passato ha tristemente reso famosa Bagamoyo.

 


 

DAR ES SALAAM
07 NOVEMBRE 2013 (Giovedì)

Finalmente ritorno nell’ambiente per me più comodo e rilassante.
Arriviamo in auto per pranzo. Caldo umido ma sto bene. L’arrivo ufficiale in Dar è previsto per sabato mattina. Si tornerà indietro per una ventina di chilometri ed insieme a tutto il team più i tanti ciclisti del posto, si farà l’entrata trionfale con concerto, tv, giornalisti e festa per siglare la riuscita di questo entusiasmante, difficile e unico progetto.
Per cena rimango volutamente solo per rilassarmi.

 


 

DAR ES SALAAM
08 NOVEMBRE 2013 (Venerdì)

Anche la giornata di oggi la passo alla procura dell’ONG a rilassarmi e riflettere. Il progetto Less is More è quasi alla fine. Solo un’ultima tappa per entrare in città e dire stop. Vorrei fare un giretto, oggi come allora, ma queste strade non sono assolutamente adatte alla mia carrozzina o auto. In Dar c’è un traffico impossibile. Sono stanco soprattutto mentalmente, ma fra pochi giorni tornerò a casa.
Il mio countdown è iniziato.

 


 

DAR ES SALAAM
09 NOVEMBRE 2013 (Sabato)

Alle 6:00 del mattino siamo già in auto per ritornare al posto dove ci aspettano altri ciclisti e un poliziotto in moto che ci scorterà. Con noi c’è anche un altro handbiker inglese che lavora qui in capitale. Preparato il gruppo, si parte per percorrere gli ultimi 20 km. Durante il tragitto si uniscono a noi altri ciclisti e disabili con le loro biciclette a mano, “baiskeli ya mikono”, rudimentali, curiose ma ingegnose loro bici a mano. Entriamo trionfali in un campo precedentemente predisposto, dove taglio la fettuccia del traguardo. Finish.
Sono emozionatissimo e contento. Impresa felicemente conclusa.
Poi tantissimi di loro mi vengono ad abbracciare, salutare e congratularsi. La stessa cosa non la posso dire dei miei compagni di viaggio che rimangono ai loro posti leggermente distaccati.
Ecchissenefrega , tanto non sono miei amici ed in Italia non li rivedrò.
Facciamo la conferenza di fine viaggio, musica, e si ritorna alla procura. La concentrazione cala subito dopo aver passato il traguardo. Mentre sono a vagare per l’ostello, mi accorgo che il mio corpo risponde lentamente e la mia gola brucia. A breve distanza perdo la voce ed inizio a sentire i primi sintomi di malattia. Subito penso alla malaria, ma poi faccio mente locale e ricordo che ogni volta che sono uscito da uno stato mentale di concentrazione, il mio corpo ha reagito così.
Le difese immunitarie calano e quindi meglio andare a letto.

 


 

DAR ES SALAAM
10 NOVEMBRE 2013 (Domenica)

Un primo gruppo del team rientra in Italia, sono Sara, Alessandro e Paolo. Loro si perderanno la grande festa organizzata nella splendido parco della villa dell’ambasciatore italiano in Tanzania Dr Luigi Scotto, che si offre per il grande saluto di fine impresa.
Io non ho voce, la gola mi brucia e forse ho qualche linea di febbre, ma la festa si dimostra un grande successo.
Colgo l’occasione per salutare il team e tutti gli Afri Roots che arrivano felici.

 


 

DAR ES SALAAM
11 NOVEMBRE 2013 (Lunedì)

Ancora un giorno e poi torno alle mie abitudini. Al poter mangiare bere senza pensare ai rischi. Al dormire e lavarmi comodamente. Ma soprattutto ad essere indipendente e rivedere la mia cagnolina.
Chissà se la riuscita di questo fantastico progetto porterà ad altro. Chissà se io troverò, se avrò fortuna, un mio arrivo. Penso e spero di meritarlo.
Ancora un po’.., devo solo preparare le borse e la cassa della mia fidata handbike con ricambi, baiskeli ya mikono, che scopro, ahimè, essere sprovvista del biglietto aereo per il ritorno (mi dovrò arrangiare per rimediare).
Concludo così:
Dal mio primo viaggio in Tanzania, son tornato a casa con la vita in parte distrutta. Con questo secondo viaggio, sto tornando a casa con la mia vita in parte ricostruita. Ma stanco, soprattutto di essere un disabile. Se è vero che, a seconda delle religioni o punti di vista esiste un dio, allora perché esiste la disabilità? O la guerra? O la passata e feroce schiavitù? Uccidere essere viventi per piacere o Sport? O il bracconaggio? E tutto questo per un vil potere e denaro?
Sono tornato in Africa ed ora mi domando tutto questo.
E rimango ateo …!

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