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Dar Es Salaam 4/11/1992


Sono ormai due giorni che sono arrivato in questa città africana. Appena sceso dall'aereo, nel tragitto fatto in taxi che dall'aeroporto porta alla missione dove ho cercato ospitalità, mi sono chiesto:
Ma questa è l'africa? Dov'è tutta quella bellezza così menzionata?
Ovunque ho visto un tale stato di degrado che senza fare tanta strada, avrei visto in un qualsiasi sobborgo di basso rango di una grande città. Anzi peggio. Passato questo primo impatto, non dei più felici, arrivato alla missione ho conosciuto le prime persone quasi tutte italiane. La presentazione è stata molto elementare:
Ciao, come ti chiami, da dove vieni, stop.
Tutto questo mi è sembrato discreto, conciso ed educato, così da non dover ripetere ad ogni nuovo volto, un disco noioso, monotono ed al quanto fastidioso. Poi ho conosciuto il responsabile di questa missione, padre Aldo Pellizzari, che dopo averlo messo a conoscenza sul perché ero lì in consolata, mi ha consegnato, senza troppi indugi, le chiavi di una camera con bagno. Dopo pranzo (ci si siede e ci si alza sempre dopo una brevissima preghiera) sono andato al mare con due medici meridionali, una signora veronese incinta ed il marito anche lui veronese. In loro compagnia ho passato una piacevolissima giornata. Ho fatto il mio primo bagno nell’Oceano Indiano dall’acqua deliziosamente calda e poco salata. Abbiamo parlato del più e del meno spaziando in tutti i campi in serena armonia. Dopo un breve salto al mercato dell’artigianato locale e riaccompagnato alla missione, ho cenato e sono andato a dormire per ristabilirmi. Questa è la prima volta che tengo un diario e quindi non sò ancora bene se devo scrivere un resoconto delle giornate od un resoconto delle impressioni. Penso sia la miglior cosa, inserire in queste pagine quello che mi attraversa la mente. Di qualunque genere esso sia anche senza un filo logico o narrativo.