Sport

L’educazione sportiva mi ha insegnato che la paura di perdere toglie la volonta’ di vincere, ma il sopravalutarsi da vigore ai risultati incerti.

Dato per scontato che chi si dedica a qualunque attivita’ sportiva dovrebbe ottenere l’idoneità da parte di un medico specialistico, tanti pensano di superare limiti e risultati facendo uso di sostanze dopanti ed ancora peggio si elevano a chimici farmacisti “fai da te” abusando di sostanze vietate e prodigandosi in irriverenti consigli. Il fare esperimenti su se stessi o sugli altri senza essere legalmente abilitati, e’ semplicemente un comportamento criminale.

Vi sono persone che magari hanno qualche piccola malformazione (es. cardiaca, congenita…) o malfunzionamento, che per la sua modesta entita’ non ha mai manifestato fin quando non si richiede un grande sforzo. A questo punto l’allenamento che viene tollerato benissimo da un atleta allenato, puo’ decisamente massacrare una persona non idonea alla pratica di quel dato sforzo. Esistono pseudo-atleti che si sono letteralmente rovinati nell’esercitare o suggerire esercizi senza quel preventivo controllo professionale.

Vi suggerisco sempre una visita medica accurata, che non sia l’ottenimento di un semplice certificato di idoneita’ sportiva estorto con qualche rito abbreviato dal medico di base. Un controllo medico accurato appare dunque una seccatura, ma e’ senza dubbio una garanzia che andrebbe ricercata anche là dove non e’ obbligatoria. Se stiamo a prendere farmaci, vitamine od altro per rendere migliore la qualita’ della nostra vita, non dovremmo esitare a prendere tutte quelle precauzioni che sono in grado di preservarla.

Fate attenzione e tenete ben in considerazione le controindicazioni, specie caratteriali e psicologiche, di quei dubbi farmaci dopanti che in apparenza forniscono miracolosi ed invidiabili effetti da super uomini.

Concludo l’argomento col dire:
con l’avanzare degli anni, inizia quell’inevitabile ed inesorabile processo di degrado fisico che non dovrebbe far perdere di vista il significato di quell’antico e saggio detto latino:
– Mens sana in corpore sano –
e cioe’, una mente e’ sana quando c’ e’ un corpo sano o viceversa.

 


 

Nel privato hai una tua dimensione, quando entri a far parte di una comunità sportiva, il tuo coach diventa tuo mentore, padre, psicologo e si spera anche riverente amico. Questo pensiero (grazie Erika Ferrari) universale per ogni sport, dovrebbe far sapere ai dirigenti sportivi cosa significa promuovere ed alimentare la passione in quelle realtà che stentano a decollare perchè lamentano la fuga o l’abbandono di tanti atleti. I ragazzi non vanno via da una squadra perché giocano poco. Magari si arrabbiano un po’, ci restano male. Ma non vanno via. Vanno via quando capiscono che per il loro coach non sono importanti. Sono due cose diverse.
Dan Peterson, ad un corso allenatori Csi, diceva:

“All’inizio di ogni allenamento io mi metto davanti alla porta dello spogliatoio. Un giocatore entra e io gli dico una stupidata qualsiasi. Che belle scarpe che hai comprato! Ieri sera com’è andata con la tua fidanzata? Non basta un semplice ciao. Devo fargli sentire che mi sono accorto di lui e che lui per me è importante. Altrimenti è inutile che lo alleno”

Fate sentire i ragazzi importanti. Una telefonata a casa per dire com’è andata a scuola. Una chiacchierata fuori dall’ allenamento. Un quotidiano appassionarsi alla loro vita. Un esserci quando hanno bisogno. Questo va fatto con tutti e con ciascuno. E con quelli “scarsi“, che giocano meno, va fatto due volte. Con una passione ed una intensità doppia. Se si ragiona così, i ragazzi resteranno nella vostra squadra. Non perché giocano tanto, o poco. Ma perché sanno di essere importanti per voi.

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